domenica 17 maggio 2020

Intervista a Catherine BC

1. Perché ha cominciato a scrivere? C’è un’immagine nella sua memoria che ricollega al momento in cui ha deciso di voler diventare scrittrice?
Fin da ragazzina sono sempre stata attratta dall’atto romantico e possente dello scrivere, trasmettere le emozioni, avvolgere il lettore in una spirale di sensazioni tale da fargli credere di vivere in prima persona la storia, scivolando da una pagina all’altra. Nel tempo, ho coltivato questa mia passione fino a arrivare al confronto con un pubblico vasto circa un decennio fa. Da allora ho collaborato con piccole e grande CE e ho pubblicato grazie al Self Publishing.
2. Ci racconti il suo rapporto con la scrittura e com’è cambiato nel tempo. Cosa significa scrivere oggi, e cosa significava agli inizi? Cos’è rimasto, cos’ha perduto, e cos’ha guadagnato?
In questi anni sono cambiate molte cose perché, in sostanza, io sono cambiata. All’inizio ero molto più romantica e fantasiosa e tutto si rifletteva in uno stile ampolloso e avvolgente, quasi burroso. Ora, dopo che la vita mi ha dato qualche batosta, sono molto più pragmatica, molto più diretta e il mio stile è diventato via via più lineare. Di sicuro, ci ho guadagnato in organizzazione e meticolosità, cercando di offrire al lettore uno spaccato d’anima sì, ma anche un buon lavoro da ogni altro punto di vista.
3. Qual è il suo pubblico ideale? A che lettore pensa quando scrive?
Quando scrivo penso a un pubblico che ha ancora voglia di sognare, che cerca in un romanzo una vasta gamma di emozioni che lo faccia estraniare per qualche ora dalla realtà che vive e che magari offra quel lieto fine che la vita spesso nega.
4. Che relazione c’è tra la scrittura e la società, con le sue influenze politiche e culturali? E come convivono questi aspetti nella sua produzione letteraria?
L’influenza della società attuale con i suoi paradigmi sociali e culturali sulla scrittura è innegabile. Anche i romanzi, come altro, sono frutto del loro tempo. Spesso vengono concepiti fin dall’inizio per seguire una certa tendenza del momento e soddisfare una certa fetta di pubblico ben inquadrata dal marketing, ma, per quanto mi riguarda, non ho mai seguito alcuna moda nello stilare un romanzo. Ho sempre dato ascolto al mio cuore e al mio istinto, elementi preponderanti nella mia scrittura. Non credo sarei capace di confezionare un prodotto su “ordinazione”.
5. In che misura gli incontri (con altri scrittori, poeti, intellettuali) hanno influito nella sua poetica/scrittura? Ci parli anche delle fiere, per cortesia.
Il confronto è sempre importante sotto ogni aspetto. Non si è mai autoreferenziali, tanto meno nella scrittura. Si ha sempre da imparare e farlo avendo la possibilità di scambiare idee con altri autori è una grande occasione. Personalmente, non ho fatto molte fiere, giusto un paio come autrice: il FRI a Milano e la prima fiera del Libro a Modena, entrambe lo scorso anno. Quest’anno c’erano in previsione il SalTo e la seconda edizione del FRI, ma sappiamo com’è la situazione. In ogni caso, soprattutto a Milano, l’impatto è stato forte e meraviglioso dal punto di vista delle relazioni, sia con i colleghi autori che con le lettrici. Qualcosa di veramente arricchente che mi ha dato carica ed entusiasmo, oltre che nuove idee e nuovi spunti.
6. Quali autori l’hanno formata maggiormente e com’è arrivato a credo sia una delle cose migliori d loro?
La mia formazione è stata quasi classica dal punto di vista scolastico. Lascio il quasi perché il mio professore ha preferito tralasciare la Bronte per dare spazio a Poe…e ho detto tutto. Per quanto riguarda il mio genere preferito, il romance, credo di dover ringraziare Paullina Simons e Diana Gabaldon che con Il cavaliere d’inverno e la serie Outlander mi hanno aperto un mondo. Senza dimenticare, poi, la SEP che, usando lo stesso schema elementare di base, riesce ogni volta a tirare fuori dal cilindro romanzi bellissimi.
7. Che rapporto ha con il mondo letterario? Esiste ancora un luogo ideale di incontro/scontro tra autori?
Io cerco sempre un confronto costruttivo, ma non mi sono mai piegata alla logica poco pulita di alcuni gruppetti sotterranei che tutti sappiamo esistere. Non ci guadagnerò in fama, magari, ma di certo in dignità sì. Per il resto, quando il confronto è onesto, scambievole, anche divertente magari perché fatto in determinate occasioni, cercato, interiorizzato penso sia una delle cose migliori che il mondo letterario possa offrire.
8. In che stato si trova la letteratura italiana oggi? Vede delle mancanze rispetto al passato, trova che ci siano delle fioriture interessanti?
Ci sono sempre fioriture interessanti, talvolta però circondate da tanta mediocrità. Il tutto perché l’aspetto economico è diventato preponderante, più che in passato. Le CE sono aziende a tutti gli effetti e devono produrre un utile, si sa, ma in alcuni casi questo aspetto è diventato così imperante da alienare i contenuti e le persone, da uniformarle fino a appiattirle. 
9. E per finire, un gioco: se potesse scegliere solo tre libri da consigliare, quali sarebbero?
Il cavaliere d’inverno della Simons, La straniera della Gabaldon e Dieci piccoli indiani di Agatha Christie (non si può dire di amare la lettura senza aver letto la Christie!)
10. Ci lasci i suoi contatti per favore.
Volentieri!
Katy Policante (Catherine BC)
katypol@libero.it
3398594074

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