venerdì 23 marzo 2018

Scoprendo la penna di... Roberta Visone

Intervista letteraria

L'abbiamo conosciuta tra i banchi delle fiere del libro più importanti d'Italia. Ha coinvolto Concesion in una serie di webinair sulla scrittura e ha risposto alla nostra intervista, lasciandoci senza parole. Chi? Roberta Visione




Quando hai iniziato a scrivere e perché

Scrivo dai tempi della scuola: spaziavo dai temi alle poesie, passando per i saggi brevi, le versioni di latino e le analisi del testo. Ho proseguito con la scrittura oltre la maturità, in modo soprattutto individuale, e quest’attività mi tiene compagnia quando non mi sento in pace col mondo, quando voglio fare chiarezza su ciò che mi rende dubbiosa o impaurita o semplicemente quando mi sento ispirata. Perché ho iniziato a scrivere? In parte per motivi puramente didattici, ma soprattutto perché sono profondamente introversa. Tramite la scrittura riesco non solo a estrarre ricordi e sensazioni dai meandri dei miei foltissimi pensieri, ma anche a esprimermi con quella libertà che oralmente, faccia a faccia con qualcuno, non sempre riesco a prendermi. Infine, scrivo per denunciare atteggiamenti nocivi per l’individuo quanto per la società e per esaltare la bellezza della vita nonostante gli aspetti negativi.

Scrivere è una fuga dalla realtà?

Dipende dall’uso che un autore fa di ciò che scrive. Per quanto mi riguarda, la scrittura è uno dei modi che uso per affrontare la realtà, per riportarne gli aspetti positivi e per cercare di convivere con ciò che, secondo la mia scala di valori, non è congeniale al mio modo di essere o di fare. Preferisco leggere per evadere dalla realtà, sebbene mi piaccia molto estrapolare gli aspetti realistici da storie “menzognere”.

Scrittura, lettura e dislessia, ci hai mai pensato?

In parte devo occuparmene perché insegno e mi ritrovo con alunni dislessici, per i quali si usano strumenti compensativi e misure dispensative usando risorse tecnologiche personali o fornite dalla scuola. In linea generale, invece, penso che si legga male (e non poco, come si dice spesso in giro). Secondo me la lettura di tutto ciò che semplifica e impoverisce la lingua può implicare problemi di lettura ad alta voce e l’incapacità di formulare frasi usando un ricco bagaglio lessicale. Inoltre, ahimè, a scuola siamo stati abituati più a scrivere che a parlare, leggere ad alta voce o ascoltare fonti autentiche, ma per fortuna il sistema di istruzione si sta ringiovanendo, soprattutto grazie ad alcuni docenti con esperienza che si mettono in discussione e usano le metodologie che costituiscono il pane quotidiano per insegnanti più giovani e tecnologici.

Parlaci del tuo primo lavoro in due righe

Poesie di periferia: rabbie, delusioni, aspettative, gioie e prospettive (pre)adolescenziali che possono essere di chiunque, non solo le mie. Il frutto di solitudine, coraggio, rimpianto e ricerche.

Parlaci del tuo ultimo lavoro in due righe

Gli opali indiani: una sfida a livello di genere e traduzione. Articolo accademico: il frutto di anni di ricerche e sforzi. Romanzo (bozza): liberamente tratto da storie vere. Poesie inedite: versi maturi.

Cosa è cambiato tra il primo e l’ultimo?

Le poesie inedite trattano argomenti che si distaccano quasi completamente da quelli riportati in Poesie di periferia e la sperimentazione, che era accennata nelle poesie brevi contenute in questa raccolta, ha preso prepotentemente piede nei versi non pubblicati. Inoltre, sono entrati in gioco due generi letterari diversi (poesia vs. romanzo e articolo accademico) e le tematiche e l’approccio alla scrittura hanno subito una trasformazione. Non perché le poesie della raccolta Poesie di periferia mancassero di ricerche personali, anzi, vi sono diversi riferimenti ad autori, testi e pittori ricavati dai miei studi, e note a piè di pagina per evitare di pensare “Il povero suonatore? Sisifo? Heine? E chi saranno mai?” Eppure, riguardo alla bozza del romanzo, a Gli opali indiani e all’articolo accademico non potevo fermarmi alla semplice impressione o ispirazione momentanea: la prima richiedeva approfondimenti maggiori sui contesti storico-culturali, sulla scelta dei momenti e dei dialoghi adeguati al personaggio e su altro ancora. Il romanzo poliziesco richiedeva una certa attenzione verso il testo di partenza (lingua tedesca) e nella scelta delle parole ed espressioni tipiche della lingua d’arrivo (italiano). Il tutto è avvenuto tenendo in considerazione l’anno in cui Rubiner ha scritto il romanzo (il 1910) e i luoghi descritti (Berlino in particolar modo), diversi da quelli attuali. Infine, l’articolo accademico ha una struttura, uno scopo, un destinatario e un linguaggio diversi da Poesie di periferia.

Il tuo autore preferito, perché?

Non ne ho uno solo, perché tengo conto del modo di scrivere, del mondo che crea e soprattutto dei messaggi che quella persona vuole trasmettere. Eppure, la prima che mi viene in mente è J.K. Rowling: come altre persone, ha dovuto affrontare tante peripezie sul piano privato e professionale, subendo anche diversi rifiuti. Ciononostante, ha continuato ad aggrapparsi a ciò che aveva creato e ora è una persona famosa, la cui saga (erroneamente vista come “romanzo per ragazzi”) si legge in modo molto scorrevole sia in lingua originale sia in italiano. Grazie a Harry Potter ho potuto conoscere la mia migliore amica e ho preso un bel 30 alla seconda prova d’accesso al TFA di inglese. Oltre a ciò, mi ha da sempre affascinato e consolato questo mondo nonostante i continui parallelismi col grande Tolkien, che stimo per la sua capacità descrittiva, per aver creato mondi e idiomi straordinari, per le sue qualità di linguista e professore e per aver ridato nuova linfa a saghe norrene che andrebbero rivalutate e valorizzate. E poi c’è Richard Bach: avete presente quando volete leggere un libro mainstream, ma vi ci approcciate dopo anni? Ecco, a me è successo questo con quello che è il mio libro preferito in assoluto, Il gabbiano Jonathan Livingston. Anche se non ricordo le parole, il messaggio di questa novella è così penetrante che lo adotto come stile di vita: entusiasmo, emarginazione dal contesto sociale, fallimenti, nuove risalite e il poter condividere la squisita scoperta di nuove prospettive insieme a persone adatte.

Come è cambiato il tuo lavoro con l’impatto del digitale

Più che cambiato, si è amplificato. Innanzitutto, la creatività che ho sempre usato negli appunti cartacei è una caratteristica dei miei file didattici e delle mie verifiche scritte in formato Word o PDF: non possono assolutamente mancare riferimenti a ciò che mi piace (es. frasi de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, altrimenti noto come Il trono di spade). Inoltre, visivamente è più facile rintracciare parole o frasi su un file Word che su un plico cartaceo ed è più semplice strutturare il testo, quindi il lavoro di scrittura si velocizza molto. Sono un’appassionata di tecnologia e non posso fare a meno di usarla come insegnante, traduttrice e autrice.

Tu e i social network?

Ho un rapporto duplice: da un lato mi permettono di interagire con persone interessanti, che condividono più o meno gli stessi ideali e scale di valori. Ho conosciuto la mia migliore amica su un gruppo in cui si parlava di Harry Potter e Il Signore degli Anelli e grazie a Facebook ho avuto modo di entrare in contatto con autori, autrici, editor e persone degne della mia stima e del mio affetto. D’altro canto ho la repulsione dei social e a volte vorrei cancellarmi da Facebook, Twitter, Instagram. Innanzitutto, mi fa incazzare il fatto che la gente reagisca più sotto a video e GIF stupide e che si diano troppo spazio alle notizie bufale e agli autoscatti con frasi filosofiche che ci azzeccano quanto un Dalek e il desiderio di pace. Tutto ciò va a discapito della qualità di certi contenuti e dall’alto si dovrebbe fare una selezione di ciò che è più etico e giusto condividere, ma come si dice, “un popolo ignorante è più facile da governare”, quindi vai di gattini e bocche a culo di gallina! Inoltre, i social tendono ad allontanare le persone dal presente, privandole di annoiarsi: penso che sia capitato almeno una volta nella vita di stare a una festa o a una cena e di vedere i propri amici che non si guardano in faccia perché intenti a scambiarsi messaggi (magari su una persona presente). Voglio dire, se uno si annoia o vuole spettegolare su qualcuno, perché non se ne va e si mette a chattare a casa o altrove? E questi poveri studenti, cui non viene insegnata la misura e la morigeratezza nell’uso dei social: ci perdono la vista, l’autostima e, ancora peggio, la libertà di annoiarsi o di entusiasmarsi. Per me ci vorrebbero gli armadietti in tutte le scuole per depositare i cellulari, proprio come li abbiamo al Carcere Penitenziario di Secondigliano.

Cosa fai prima di scrivere?

Raccolgo idee in silenzio, anche mentre cammino, e soprattutto mi organizzo: il lavoro di insegnante assorbe molto del mio tempo e per scrivere al meglio ho bisogno di almeno 2-3 giorni di fila liberi. Quando mi cimento con la scrittura, indosso le cuffie per ascoltare della sana musica rilassante che mi aiuta a concentrarmi sulla scrittura.

Ricevuti rifiuti? Come hai reagito?

Uff, sono più le volte in cui ho ricevuto rifiuti che quelle in cui sono stata accettata.
Se il rifiuto è un “no” secco o una critica distruttiva senza possibilità di confronto, reagisco molto male. Puoi essere pure il Papa, ma non accetto le calunnie nei miei confronti. Questo tipo di critica non mi porta nulla di buono e lo vedo anche come un segnale di profonda invidia e complessi di inferiorità che si proiettano sul prossimo: trovo pessimo il voler infangare gli altri per tentare di brillare di luce altrui. Se, invece, mi si spiega bene il perché di un “no”, con dei suggerimenti per migliorare il mio modo di scrivere o qualche mio atteggiamento, allora sì, magari ci metto un po’ di tempo per capire cosa devo fare e a volte posso pure rifiutarmi in un primo momento, ma poi ci rifletto e all’occorrenza ringrazio e cerco di mettere in pratica l’insegnamento ricevuto.

Musa ispiratrice?

I sentimenti, i pensieri e le esperienze dirette e indirette della vita; gli studi e tutto ciò che mi appassiona.

Tu e il sociale? Cosa ne pensi?

La penso un po’ come Dickens e Orwell, fra i tanti: trovo giusto essere impegnati nel sociale per denunciarne le storture, ma a prescindere dal proprio orientamento religioso, politico, sessuale, eccetera. Trovo che l’impegno nella scrittura non debba essere dominato da tali direzioni, anche perché, in tutta onestà, ormai ogni cosa è condita dal sesso e il mercato dell’editoria è stracolmo di rosa ed erotici, come se non si potesse parlare d’altro.

Perché leggere i tuoi libri?

Poesie di periferia va letto per avere una spalla di conforto quando ci sono delle difficoltà, per capire che non si è soli a vivere determinate esperienze (bullismo, delusioni, lutto, …), per ricevere ciò che spesso avrei voluto io in passato dagli altri, cioè tanto ascolto e comprensione. Inoltre trovo più giusto dare nuovo vigore al genere poetico che valorizzare sempre e comunque opere, dalla grammatica discutibile, che trattano sempre gli stessi argomenti seguendo un unico canovaccio di stampo spesso maschilista (es. uomo bello, ricco e potente vs. donna fragile e timida).
Consiglio Gli opali indiani a chi vuole approcciarsi ai polizieschi o a chi già ne è appassionato, perché in questo modo può conoscere il modo in cui l’autore espressionista tedesco Ludwig Rubiner ha composto il romanzo. Oltre a ciò, è interessante venire a conoscenza di movimenti politici di cui spesso non si parla a scuola e cercare di capire chi è il colpevole della scomparsa di Brandorff nel quartiere perbene chiamato Tiergarten.
L’articolo sull’approccio CLIL è consigliato a chi vuole ricorrere alle caricature di Erich Ohser per far conoscere ciò che viene spesso taciuto a favore di una sola immagine, cioè quella di una Germania completamente suddita del Nazismo.

Descriviti in tre parole

Resiliente, testarda, impulsiva.

Consigliaci un collega

Ne consiglierei alcuni, ma la prima che mi è venuta in mente è Esther Pellegrini, soprattutto per la sua vena sarcastica e pungente mentre fa sguazzare la sua penna o le sue dita su un foglio o su una tastiera. Come altre persone che stimo e che voglio bene, nel suo modo di raccontare percepisco la capacità di mostrare senza dire, il suddetto sarcasmo e la fame di fonti bibliografiche per rendere il testo coerente con gli eventi storico-culturali di cui scrive. Infine, la reputo determinata ed è una Grammarnazi di quelle incallite (per chi non apprezza questo pregio, leggasi “rompiballe”!) Gestisce il gruppo Facebook, anzi, la famiglia L’isola della scrittura felice al quale partecipo con immenso piacere.

Eventi futuri
A breve invierò la bozza del romanzo all’editor Sara Gavioli; presenterò Gli opali indiani  e l’articolo accademico sull’approccio CLIL con video in diretta sul gruppo Facebook UPA – Un Pianeta Artistico e sul blog di Anna Nihil Ho voglia di libri veri. E poi, evento più importante, c’è il matrimonio J

Contatti
robertafi.visone@gmail.com (mail personale);
http://poesiediperiferia.blogspot.it (blog di Poesie di periferia);
https://www.facebook.com/poesiediperiferia/?ref=br_rs (pagina FB su Poesie di periferia);
https://www.facebook.com/groups/2019317278302875/ (gruppo FB UPA – Un Pianeta Artistico).
Le redazioni di Musa Distorta e In giro con l’arte ti ringraziano e ti augurano in bocca al lupo per i lavori futuri, siamo certi che saranno sempre u

lunedì 12 marzo 2018

Scoprendo la penna di... Claudio Bolle


Stiamo seguendo con grande attenzione i suoi video nel gruppo UPA (Un pianeta Artistico) e pur non essendo un’amante del genere storico, Lui è riuscito a catturare l’attenzione di Concesion, affascinandola e facendola entrare in un mondo non solo pieno di storia, ma anche di vicende e intrighi molto interessanti. Non abbiamo resistito e lo abbiamo intervistato. Oggi è la volta di Claudio Bolle.

   

  Quando hai iniziato a scrivere e perché?
Circa tre anni fa, mi ronzava in testa la storia che poi ho raccontato in sei volumi, il sesto non ancora finito e non sarà l’ultimo. Dopo il primo sono stato spinto a continuare da un amico e ancor più quando, meno di un anno dopo, ho ricevuto la proposta da una CE non a pagamento. La storia è un tantino più complicata, ma alla fine è stato così.

     Scrivere è una fuga dalla realtà?
Solo in parte. La storia che narro, che finora è sempre la stessa, per quanto stia lavorando anche ad altro, immagina un mondo quasi utopico, in cui i migliori principi illuministici sono iniettati in una società, quella Romana del primo secolo (per loro dell’ottavo) che, oltre a essere molto progredita e civile, ha sicuramente posto le basi della cultura e quindi della società occidentale.

      Scrittura, lettura e dislessia, ci hai mai pensato?
No. Non conosco nessun dislessico, ho sempre letto fin da piccolo e molto. Se ricordo bene, a 13 anni avevo già letto tutto Salgari e attaccavo Conan Doyle. Ho sempre trovato Topolino un fumetto molto formativo, dal linguaggio e dalle citazioni e lo leggevo regolarmente. Geniali le trasposizioni dei classici, delle quali conservo gelosamente una raccolta.

      Parlaci del tuo primo lavoro in due righe
È l’inizio di tutto. Dopo la vasta ricerca per determinarne i punti fondamentali, quali periodo storico, protagonisti e altro, è uscita una sorta di diario, che racconta come in due settimane quattro persone della nostra epoca e tre militari alleati della 2a guerra mondiale arrivino a Roma e riescano a ritagliarsi dei ruoli alla Corte di Tiberio.

     Parlaci del tuo ultimo lavoro in due righe
L’ultimo pubblicato non è altro che il seguito del secondo, entrambi con un lasso temporale più ampio e una situazione molto mutata rispetto al primo: a mano che il tempo passa i protagonisti iniziali entrano sempre più nelle logiche dell’impero e questo nelle loro.

      Cosa è cambiato tra il primo e l’ultimo?
Salvo la situazione, quasi nulla. Credo di percepire e alcuni me l’hanno fatto notare, un progredire nello stile, tanto che lo scorso autunno ho deciso di fare una seconda edizione del primo, più in linea con il mio stile attuale.


     Il tuo autore preferito, perché?
Più di uno, a seconda dei generi: Asimov e Bradbury per la fantascienza, Tolkien per il fantasy, Wilbur Smith (non tutto) per l’avventura, senza dimenticare Salgari e Kipling, che hanno condizionato le mie simpatie di ragazzino.

    Come è cambiato il tuo lavoro con l’impatto del digitale?
Il lavoro di scrittore? Per nulla, è nato digitale, credo di non riuscire quasi a scrivere a mano. Uso attivamente il computer fin dai primi anni ’80, quando il mouse non era ancora stato inventato. Allora solo per lavoro, anche se a casa avevo uno ZX Spectrum. Poi mi sono sempre tenuto al passo.

  Tu e i social network?
Il minimo indispensabile, sono un solista un po’ misantropo.

    Cosa fai prima di scrivere?
Mi rifaccia la domanda (cit). Niente di particolare, salvo assicurarmi di avere acqua o Coca Cola a portata di mano.

     Ricevuti rifiuti? Come hai reagito?
Immagino che le CE che non hanno stampato le mie opere mi abbiano rifiutato, senza dirmi nulla. Peggio per loro, non si rendono conto di cosa si sono persi.

      Musa ispiratrice?
Nessuno in particolare. Situazioni vissute, talvolta, nelle più svariate occasioni.

     Tu e il sociale? Cosa ne pensi?
Non mi sono mai impegnato. Mi considero molto a sinistra in linea teorica, ma al tempo stesso vedo dei limiti nell’attuale pensiero di sinistra. Troppo solista, troppo egocentrico e troppo pigro.

    Perché leggere i tuoi libri?
Primariamente per passare delle ore in un mondo diverso. E per divertirsi attraverso le avventure, spesso piccanti, dei protagonisti. Poi per conoscere aspetti poco noti della civiltà della quale, bene o male, siamo gli eredi, per quanto spesso sembra che ce ne vergogniamo, forse perché dei cretini hanno usato i suoi simboli a sproposito. Tra tutti, la svastica, simbolo d’amore e di buon auspicio per due religioni, oggi associata a tutt’altro. Anche dettagli come questo vengono spiegati.
Ma soprattutto i protagonisti sono persone normali, che potremmo incontrare per strada, con i loro problemi personali, le loro idiosincrasie e i loro difetti. Ma che, come molta gente comune, posti in situazioni critiche, sanno tirar fuori l’eroe.

 .   Descriviti in tre parole
Pignolo. Effervescente. Pigro.

   Consigliaci un collega
Massimiliano Colombo. Mi piace il suo genere e come scrive: un’accuratezza storica incredibile, uno stile epico. Lui pubblica con grosse CE, ma è così gentile da accogliere i miei libri sulla frequentata pagina dei suoi, senza mai mancare di fare un complimento. E forse è stato un suo romanzo a spingermi a scrivere i miei, quando ancora non avevamo un rapporto personale.

   Eventi futuri
Continuare la Saga e altri progetti più o meno in cantiere.
In uscita una breve biografia romanzata dell’Imperatore Tiberio, collegata alla Saga.

    Contatti
E il trailer della trilogia: https://www.youtube.com/watch?v=sKxrgymFAz4

Le redazioni di Musa Distorta e In giro con l’arte ti ringraziano e ti augurano in bocca al lupo per i lavori futuri, siamo certi che saranno sempre un grande successo.


 


domenica 11 marzo 2018

Recensione - Non tutti gli Uomini vengono per nuocere - Federica Bosco


La mia ultima lettura è stata divertente, frizzante, ma soprattutto un antidepressivo contro l’ultimo uomo di turno affamato solo di ego! E l’ho poi terminato in queste ultime giornate di neve e pioggia. Un toccasana per passare il tempo. Di cosa sto parlando? Non tutti gli Uomini vengono per Nuocere, di Federica Bosco.

Titolo: Non tutti gli uomini vengono per nuocere
Autore: Federica Bosco
Casa Editrice: Mondadori Omnibus
Genere: Romance Contemporaneo

Qualcuno me ne ha parlato bene, altri meno bene e alla fine, sono entrata per caso in libreria e ho visto la copertina: tutta rosa e con un gatto nero… e beh… non ho resistito. Somiglia troppo al mio Fenix
Chi di voi donzelle non si è sentita così almeno una volta nella vita? Sfortunate, oggetto di una serie di strani eventi coincidenze, scaricate da uomini tragici o ancor peggio pieni di sé? Soffocate dalla routine, da una famiglia ossessiva compulsiva maniaca del controllo, licenziate da impiegati eccentrici e Hitleriani?
Ecco, questa è la storia della protagonista: una donna fragile, ma forte. Una donna a cui tutti dicono cosa deve fare e la quale tutti pensano troppo fragile tanto da trasformare un problema di sonnolenza in un tentato suicidio. Tutti a dirle cosa fare e nessuno che le chiede come sta.
Per una serie di sfortunate coincidenze, Cristina si ritrova a tornare a casa dei genitori e in una finta famiglia del Mulino Bianco che nasconde una serie di complessità quotidiane da far invida anche alla più anormale delle famiglie.
E come se non bastasse si ritrova la protagonista di una rete locale trash, vestendo i panni dell’inviata speciale imbranata. (Idea che trovo poco originale, visto che accade così anche a un famoso diario che tutte noi conosciamo).
Fortunatamente, ad accompagnare questa serie di sfortunati drammi paradossali, c’è Carlotta (detta Carlo) sua cara amica e maestra di yoga e dispenser di perle di saggezza che la sprona a riprendere in mano la propria vita e a non lasciarsi contaminare da questi eventi melodrammatici.
Il messaggio che vuole inviare Federica a tutte le donne che si sentono sfigate, è che in realtà posseggono una forza che potrebbe trasformarle e cambiarle radicalmente. In meglio.
Quello che ci mi è arrivato è che spesso è necessario toccare il fondo. Perdersi nelle proprie paure e fermarsi a riprendere fiato. Riordinare le idee, per poi scoprire che la felicità è proprio sotto il nostro caso e che piuttosto che prendere qualunque direzione a caso, è meglio soffermarsi e capire prima cosa siamo e chi vogliamo diventare.
Anche vivere un amore platonico non è salutare ed è quello che succede a Cristina, dopo essersi innamorata dell’affascinante medico del pronto soccorso dove viene ricoverata. Un uomo colto, bello sportivo, perfetto, se non fosse che è fidanzato.
Da qui la ritroviamo ad osservare la sua storia: una perfetta felicità, probabilmente costruita nel tempo. Una tortura logorante che la porta a voler per forza trovare la stessa cosa, tornando dall’ex e accettando i gesti di un ammiratore stalker e psicopatico.
Tutto sembra a suo sfavore, ma la vita a volte riserba davvero delle belle sorprese e non è mai tutto come sembra.  Per essere felici, a volte basta fare ordine, seguire il proprio istinto e accogliere i segnali.

Un romanzo divertente, autoironico, frizzante contornato da personaggi che spaziano dal bello e sicuro di se, all’imbranato e ammiratore asfissiante e pedante. O al divertissimo Luca che è in grado di costruire un microonde, ma poi non sa rifarsi il letto. Una allegoria della vita, in cui non bisogna mai troppo prendersi sul serio, ma al tempo stesso un trampolino per ricominciare esattamente da cosa vogliamo solo e soltanto noi.

Lo consiglio alle donne? Sì. E agli uomini? Anche.
Vi strapperà un sorriso e forse vi aiuterà a capire di più l’universo della filmomania femminile. Filmomania, intesa come voler necessariamente andare avanti con l’immaginazione. Questo è quasi sempre un errore, specialmente nelle storie d’amore.

La forma dell'acqua - Il film



Eccoci qui! Parlerò del libro? No. Del film: sì.

Non ho mai letto niente di suo e credo che comincerò proprio da oggi, dopo aver visto questo gioiellino. Un po’ insolito per il suo genere: vedi Pacific Rim, Hell Boy, Il labirinto del fauno. Il nuovo capolavoro di Guillermo del Toro è una splendida allegoria dell’amore! Due giorni che l’ho visto e ancora ce l’ho nel petto. Oggi vi parlo de La forma dell’acqua.

Ero restia. Soprattutto dopo aver visto il trailer. Insolito, strano, lento. Lo avevo giudicato ancor prima di vederlo.

Uscendo dalla sala, invece, sembrava quasi fossi sotto l’effetto di un incantesimo: soddisfatta, piena di speranza, fiera. E un mix di sentimenti positivi, frutto dell’innata e poetica fantasia della mente di questo regista e scrittore che amo. E dalla bellissima colonna sonora, ovviamente.
Un viaggio nel tempo in una fabia quasi grottesca, ma curata. Dove ogni singola cosa assume i toni del turchese (turchese e non verde, mi raccomando! Capirete il perché della mia battuta, solo dopo averlo visto). Il regista ha saputo far entrare dentro ogni mio centimetro di anima, una bellissima metafora dell’amore che porterò sempre con me e che sposo da quando ho cominciato a capire questo articolato sentimento. La forma dell’acqua. Una fantastica similitudine per descrivere l’amore: che non ha una forma unica, che si muove dove vuole, che è trasparente e che è infinito. Come l’acqua. Un azzeccatissimo agro-dolce che passa dal romanticismo di una bellissima storia d’amore, al macabro disprezzo della diversità, spesso vista come una malattia e una cosa sulla quale fare ignobili sperimenti, anziché una bella opportunità di arricchimento spirituale e culturale.
Dopo i vari tecnologici Pacific Rim e Hell boy, del Toro, ritorna a fare poesia come aveva precedentemente sperimentato con Il labirinto del fauno. Non a caso “The shape of water”, leone d’oro all’ultima Mostra del cinema di Venezia e ora in corsa con ben 13 nomination all’Academy, é nella sua semplicità, come lo ha definito il regista stesso” una fiaba per tempi difficili”.

Ci troviamo nell’anonima Baltimora degli anni ’60, in piena guerra fredda, e in uno dei laboratori del governo degli Stati Uniti, su cui si sono posati gli occhi dei Sovietici, è appena arrivata dal Sudamerica una stana creatura che potrebbe essere un’arma efficace contro il nemico. Le sorti del mostro cambieranno una volta incontrata Elisa Esposito, un’addetta alle pulizie. Una trama dunque semplice, ma costruita con una tale maestria e una tale passione tanto da rendere questo film un mini capolavoro.
Mi ha colpito molto la cura dei particolari, a partire dai personaggi e del loro riscatto davanti all’insignificanza che spesso gli viene data. Il tema della routine, della sopportazione, della diversità, della signoria ostentata, della superficialità tagliente e della forza che racchiude una parola così corta: amore.
Un film poliedrico, che mescola il thriller alla componente romantica, il macabro alla commedia. Macabro? Sì, anche. Non nascondo, che in alcuni punti mi è venuto un po’ il volta stomaco, ma per un capolavoro così si sopporta qualunque cosa.
Insomma, se amate la poesia, andate in sala. Non ve ne pentirete.

Teen wolf! Tra lupi mannari e Banshee



In attesa dell'ultima stagione, oggi vi parlo di un telefilm che è prettamente per adolescenti, ma che, specialmente nella  quinta, mi ha coinvolto così tanto, che ho visto gli episodi in due giorni! 


Informazioni sulla serie:


Teen Wolf

Teen drama, thirller, fantasy

Stagioni: 6 (l’ultima è in arrivo su Netflix)

Creatrice: Adelstein Production

Voto complessivo: 7



Scott McCall va alla Beacon Hills High School. È riserva nella squadra di lacrosse ed è nell’anonimato.
Nella cittadina dove vive cominciano ad avvenire strani eventi sanguinolenti. Essendo una persona molto curiosa, decide di avventurarsi tra i boschi, accompagnato dal suo amico Stiles. Da questa notte, tutta la sua vita cambia.



La famosa casa produttrice della Adelstein, dopo a ver sfornato serie come Prison Break o True Calling, dove il tema principale è l’azione, non ha resistito dando vita anche a una serie Fantasy che tra gli amanti del genere ha avuto un discreto successo.
Una sfida niente male dopo le serie dominanti come Buffy, True Blood, the vampire diares o The originals. Forse c’è riuscito dando attenzione ai soliti co-protagonisti dei tanto amati vampiri: i licantropi.
Un omaggio, direi più che riuscito, a un film che io tutt’ora vedo con entusiasmo: Voglia di vincere. Con Micheal J. Foc.  Chi di noi anni ’70 e ’80 non l’ha visto? E i più nerd sapranno sicuramente che il titolo originale del film, era proprio: Teen Wolf.
Per un’appassionata di serie come me, confermo che si capisce se la storia vi appassionerà o resterà chiusa nel vostro cassetto a prendere polvere, già dalle prime tre puntate. Superate quelle, se avrete voglia ancora di continuare, non vi staccherete più dallo schermo.
In giro per il web, ho visto tante recensioni positive ai personaggi di Scott (protagonista interpretato da Tyler Posey) e a Derek (interpretato dal superdotato Tyler Hoechlin), ma i miei due preferiti sono Stiles e la Banshee Lydia.
Al contrario di Scott e del suo primo amore, questi due personaggi hanno un’evoluzione emotiva e anche fisica. Dal imbranato e goffo studente del liceo, deriso da tutti, troveremo uno Stiles coraggioso e deciso a scoprire la verità. Così come Lydia, la incontreremo per la prima volta nelle vesti di un’adolescente viziata e fidanzata con il più bello della scuola, per poi riscoprirla una combattente coraggiosa ed elemento chiave e d’aiuto di tutta la serie.
Sono in trepida attesa dell’ultima serie, ma so che non mi deluderà.
Alla fine, il telefilm è una diramazione di diversi generi che vanno dal teen drama al thriller soprannaturale, una scelta intelligente, per coinvolgere un pubblico più vasto.
Attenzione però! Non vi aspettate niente di wow. Poteri e personaggi diversi da quelli già noti in altri film. Questo lo dico per non alzare le aspettative e per sottolineare che è il cameo di qualcosa di già visto.
Ma la consiglio perché è un crescendo di emozioni: si parte dalla prima serie, tranquilla e anche un po’ confusa, alla seconda dove ogni personaggio comincia a plasmarsi e alla penultima che è ricca di azione e colpi di scena. A chi la consiglio? A un pubblico giovane e agli amanti appassionati dei lupi mannari!

Scoprendo la penna di... Furio Thot



Cari lettori,
oggi vi presentiamo una persona “speciale”. Una macchina da guerra con la grande passione per la letteratura. Non è solo un bravissimo autore di romanzi storici, redatti tra pile di libri e un gatto molto attento e curioso. Si tratta di un uomo innamorato della letteratura in ogni sua forma ed è uno degli editori che stimo di più in assoluto. Per la dedizione, la passione, l’impegno e l’amore che dimostra per i suoi figli autori. Sì, perché lui tratta la sua rosa di scrittori come una famiglia. Li fa nascere, crescere, sbocciare e poi li lascia liberi di fare la propria strada. Così come farebbe un buon padre. Ma… oggi non vi parliamo di questa storia, perché, come spiegavo, è anche lui un autore di cui abbiamo letto un bel libro! Di chi stiamo parlando? Di Fabio Dessole in arte Furio Thot.


    Quando hai iniziato a scrivere e perché

Sin da ragazzo, ma poi ho smesso e ho ripreso solo dopo la morte di mio padre.

     Scrivere è una fuga dalla realtà?

Nel mio caso no, visto che prediligo il romanzo storico.

     Scrittura, lettura e dislessia, ci hai mai pensato?

Sì tant’è vero che ho caldeggiato la produzioni di libri per bambini in alta leggibilità per favorire i problemi di dislessia.

    Parlaci del tuo primo lavoro in due righe

Le cesoie di Atropo un romanzo ambientato ai giorni nostri che parla di tre crisi a confronto, con un finale a sorpresa.

       Parlaci del tuo ultimo lavoro in due righe

La nidiata dell’aquila sarà il seguito di A.D. 1243 l’ultimo assedio il romanzo storico che ruota attorno
Alla figura di Federico II di Svevia.

     Cosa è cambiato tra il primo e l’ultimo?

Passato dal romanzo di ambientazione attuale al romanzo storico dove l’identificazione tra autore e personaggio non è possibile.

      Il tuo autore preferito, perché?

Messer Dante Alighieri

       Come è cambiato il tuo lavoro con l’impatto del digitale

Non è cambiato.

       Tu e i social network?

So usare, forse, Facebook, cercherò di imparare ad utilizzare Instagram, odio profondamente Twitter, sono logorroico impossibile per me twittare.

  Cosa fai prima di scrivere?

Mi documento, per un romanzo storico è fondamentale.

   Ricevuti rifiuti? Come hai reagito?

No

  Musa ispiratrice?

No

   Tu e il sociale? Cosa ne pensi?

No comment

   Perché leggere i tuoi libri?

Per dare una chance ai nomi meno noti.

  Descriviti in tre parole

Irascibile, Generoso, Ingenuo

   Consigliaci un collega

Beh mi pare ovvio segnalare la mia coautirce Marta Tempra, di cui consiglio le due raccolte di racconti

   Eventi futuri

Tanti

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Le redazioni di Musa Distorta e In giro con l’arte ti ringraziano e ti augurano in bocca al lupo per i lavori futuri, siamo certi che saranno sempre un grande successo.


Concesion Gioviale