domenica 11 marzo 2018

La forma dell'acqua - Il film



Eccoci qui! Parlerò del libro? No. Del film: sì.

Non ho mai letto niente di suo e credo che comincerò proprio da oggi, dopo aver visto questo gioiellino. Un po’ insolito per il suo genere: vedi Pacific Rim, Hell Boy, Il labirinto del fauno. Il nuovo capolavoro di Guillermo del Toro è una splendida allegoria dell’amore! Due giorni che l’ho visto e ancora ce l’ho nel petto. Oggi vi parlo de La forma dell’acqua.

Ero restia. Soprattutto dopo aver visto il trailer. Insolito, strano, lento. Lo avevo giudicato ancor prima di vederlo.

Uscendo dalla sala, invece, sembrava quasi fossi sotto l’effetto di un incantesimo: soddisfatta, piena di speranza, fiera. E un mix di sentimenti positivi, frutto dell’innata e poetica fantasia della mente di questo regista e scrittore che amo. E dalla bellissima colonna sonora, ovviamente.
Un viaggio nel tempo in una fabia quasi grottesca, ma curata. Dove ogni singola cosa assume i toni del turchese (turchese e non verde, mi raccomando! Capirete il perché della mia battuta, solo dopo averlo visto). Il regista ha saputo far entrare dentro ogni mio centimetro di anima, una bellissima metafora dell’amore che porterò sempre con me e che sposo da quando ho cominciato a capire questo articolato sentimento. La forma dell’acqua. Una fantastica similitudine per descrivere l’amore: che non ha una forma unica, che si muove dove vuole, che è trasparente e che è infinito. Come l’acqua. Un azzeccatissimo agro-dolce che passa dal romanticismo di una bellissima storia d’amore, al macabro disprezzo della diversità, spesso vista come una malattia e una cosa sulla quale fare ignobili sperimenti, anziché una bella opportunità di arricchimento spirituale e culturale.
Dopo i vari tecnologici Pacific Rim e Hell boy, del Toro, ritorna a fare poesia come aveva precedentemente sperimentato con Il labirinto del fauno. Non a caso “The shape of water”, leone d’oro all’ultima Mostra del cinema di Venezia e ora in corsa con ben 13 nomination all’Academy, é nella sua semplicità, come lo ha definito il regista stesso” una fiaba per tempi difficili”.

Ci troviamo nell’anonima Baltimora degli anni ’60, in piena guerra fredda, e in uno dei laboratori del governo degli Stati Uniti, su cui si sono posati gli occhi dei Sovietici, è appena arrivata dal Sudamerica una stana creatura che potrebbe essere un’arma efficace contro il nemico. Le sorti del mostro cambieranno una volta incontrata Elisa Esposito, un’addetta alle pulizie. Una trama dunque semplice, ma costruita con una tale maestria e una tale passione tanto da rendere questo film un mini capolavoro.
Mi ha colpito molto la cura dei particolari, a partire dai personaggi e del loro riscatto davanti all’insignificanza che spesso gli viene data. Il tema della routine, della sopportazione, della diversità, della signoria ostentata, della superficialità tagliente e della forza che racchiude una parola così corta: amore.
Un film poliedrico, che mescola il thriller alla componente romantica, il macabro alla commedia. Macabro? Sì, anche. Non nascondo, che in alcuni punti mi è venuto un po’ il volta stomaco, ma per un capolavoro così si sopporta qualunque cosa.
Insomma, se amate la poesia, andate in sala. Non ve ne pentirete.

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